Disciplina del B&B in un condominio

In occasione del Giubileo straordinario, la città di Roma in particolare e molte altre città d’arte italiane vengono quotidianamente raggiunte da migliaia e migliaia di fedeli provenienti da tutto il mondo.
Tra i tanti effetti generati dall’incremento a doppia cifra percentuale del flusso di visitatori, interessa qui soffermarci sulla necessità di reperire un alloggio.
Albergatori di ogni livello, infatti, ricorrono sempre più spesso nella disdicevole pratica commerciale dell’overbooking pur di assicurarsi ogni prezzolata prenotazione possibile. E se le strutture alberghiere non riescono a far fronte a tutte le richieste, ecco presentarsi una folta schiera di B&B, ostelli, affittacamere, conventi e collegi ben desiderosi di poter arrotondare il mensile. I singoli privati, poi, già da tempo hanno aperto le proprie seconde case ai pellegrini e visitatori.
Ma cosa succede se tali attività di B&B o mero affittacamere vengono esercitate all’interno di un condominio?
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Come noto, il regolamento condominiale rappresenta quella lex specialis, ossequiosa del dettato codicistico e -al contempo- pattiziamente articolata tra i condomini, che regola i loro rapporti all’interno del condominio, disciplinando sia l’utilizzo degli spazi comuni che le modalità d’impiego di quelli privati.
Pertanto, i casi potevano essere tre:
1) se il regolamento condominiale permetteva ab origine la possibilità di adibire privati appartamenti a B&B o affittacamere, nulla quaestio;
2) se il regolamento nulla diceva in merito, occorreva un’apposita approvazione da parte dell’assemblea condominiale;
3) se tali attività erano vietate dal regolamento, o veniva chiesta all’assemblea la modifica del regolamento, oppure bisognava accantonare ogni velleità imprenditoriale.
Questo almeno secondo la previgente disciplina.
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Il caso che ha condotto ad un radicale mutamento giuridico origina proprio in Roma.
Un condomino aveva intrapreso l’attività di affittacamere utilizzando il proprio appartamento, laddove il regolamento condominiale prescriveva il solo utilizzo dei locali ad uso abitativo o come ufficio privato professionale.
Il condominio incardinava un giudizio, imputando al condomino l'esercizio di attività alberghiera, incompatibile con il regolamento condominiale. Quest’ultimo resisteva in giudizio eccependo che l'attività di affittacamere non può dirsi modificativa della destinazione d'uso abitativo del proprio appartamento.
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Al termine del giudizio di primo grado, il Tribunale Civile di Roma:
- riconosceva la pretesa del condominio;
- accertava la violazione del regolamento condominiale da parte del condomino;
- condannava quest’ultimo alla cessazione immediata di ogni attività di affittacamere all’interno del proprio appartamento.
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Per nulla scoraggiato, il condomino appellava la sentenza di prime cure e, al termine del secondo grado di giudizio, la corte territoriale d’appello accoglieva la tesi del condomino, ritenendo legittima l'attività di affittacamere, atteso che nell'edificio condominiale erano già presenti più attività, tutte marcatamente commerciali, senza che questo fosse mai stato contestato dal condominio.
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Sconfitto in secondo grado, il condominio depositava ricorso per Cassazione, lamentando che l'attività di affittacamere comportasse presunte conseguenze pregiudizievoli per gli altri condomini.
Investita della questione, la Seconda Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza N.24707 del 20 novembre 2014, argomentava che:
• il regolamento regionale del Lazio N.16 del 24 ottobre 2008 definisce come l’utilizzo degli appartamenti privati a scopo di B&B o di affittacamere non ne comporta il cambio di destinazione d’uso ai fini urbanistici;
• la Corte Costituzionale, con la sentenza N.369 del 14 novembre 2008 circa l’utilizzo a B&B di un immobile sito in contesto condominiale, ha sostanzialmente rafforzato tale indirizzo;
• pertanto, la destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per la utilizzazione di una unità abitativa ai fini delle predette attività;
• inoltre, la tesi del condominio circa le presunte conseguenze pregiudizievoli per gli altri condomini, non era supportata da alcun elemento probatorio.
Per i suesposti motivi, il ricorso del condominio veniva rigettato.
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Alla luce di tale sentenza è così possibile tracciare le coordinate giuridiche entro cui inquadrare la possibilità di svolgimento delle attività di B&B o di affittacamere all’interno di un appartamento condominiale:
- se il regolamento condominiale già le consente, niente di nuovo;
- se il regolamento non si pronuncia in merito o ne fa divieto, non sarà più necessario richiedere all’assemblea condominiale specifica delibera di avvallo o la modifica del regolamento condominiale in nuce.
Come argomentato, infatti, lo svolgimento di siffatte attività non è più riconosciuto come di per sé incompatibile con una clausola del regolamento condominiale che preveda l'uso esclusivo di un immobile come abitazione privata.
Ad oggi, pertanto, ogni condomino potrà adibire il proprio appartamento allo svolgimento delle suddette attività, salvo che ciò non comporti alcuna forma di danno per gli altri inquilini. Danno del quale, è bene ricordare, si esige sempre la prova.

A cura dell’Avv. Giovanni Mazzitelli

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